DOMANDE A KRISHNAMURTI


  • Domanda a Krishnamurti:
Per giungere alla liberazione non è necessario formare un legame con un Maestro che sia a sua volta liberato,e di sentire un desiderio così ardente di essere uno con lui,da essere tratti alla meta?pare che un desiderio “generico”di liberazione non potrebbe essere abbastanza intenso e abbastanza esclusivo.

  • Risposta di Krishnamurti:

La liberazione può essere personificata in un individuo, in 10 individui, o come direbbero i teosofi, nell'Istruttore stesso, nell'Istruttore del Mondo; ma se avete questo desiderio di raggiungere Colui che è l'incarnazione della liberazione e se avete un intenso, un terribile desiderio, un terribile anelito di diventar parte di Lui, è certamente più facile avere un simile Istruttore che vi guidi e che vi aiuti. Ma sorge nuovamente la difficoltà che,se vi volgete a particolari individui, avrete bisogno d'interpreti di questi individui. E' un problema come quello se Krishnamurti sia o no l'Istruttore del Mondo. Ci sarà qualcuno che dirà che Krishnamurti è il veicolo; altri diranno che è uno che sarà visitato di quando in quando dall'Istruttore del Mondo, il quale esprimerà il suo messaggio attraverso lui; alcuni sosteranno che Krishnamurti si svilupperà fino a divenire Sua coscienza e così diventerà uno con Lui, e che perciò non ci sarà separazione fra i due. Questi sono pensieri che possiamo concederci come esercizi di ginnastica mentale. Voi potete dire che Krishnamurti non è questo,e un altro può dire che Krishnamurti è questo; non convincerete mai uno che pensa il contrario.
Così il problema non è se Krishnamurti sia il veicolo o se la sua coscienza si sia sviluppata fino a divenire la coscienza dell'Istruttore del Mondo.
Il problema rimane insoluto,perché se accettate l'autorità dell'uno non potete accettare quella dell'altro. E così si andrà avanti senza fine. Ma se voi esaminate quello che egli dice e cercate di progredire nel suo insegnamento,tutto diventa semplicissimo. Io credo ci saranno dispute senza fine sul cadavere di Krishnamurti, se si discute di questo o di quello, domandandosi chi sia che parla ora.
Qualcuno mi ha chiesto: ”Ditemi se siete voi che parlate o se è qualcun altro”. Io ho risposto: ”In verità non lo so,e non ha importanza”.Quello che importa è che voi comprendiate,non che cerchiate che cosa sia il fenomeno che avviene. Voi non vedete e perciò non siete certi; non che vedere renda certe le cose. Se qualcuno vi dicesse che questa è la visitazione, dovreste accettare questa autorità, ma se quest'autorità cambia opinione domani, dovrete cambiare opinione anche voi e così vi perderete.
La vostra certezza deve essere stabilita in voi.
Il desiderio della liberazione è tutto quello che importa, lasciate tutto il resto da discutere alle menti complicate, agli spiriti filosofeggianti. C'è il caso che venga, anche questo. Fra duemila anni,ci sarà probabilmente un'altra società per scoprire se fosse questo o quello.

  • Domanda a Krishnamurti:
Senza il Maestro uno non può giungere alla liberazione?

  • Risposta di Krishnamurti:

Forse ci metterà più tempo. Supponete che un uomo abbia viaggiato tutto il mondo e conosca le strade del mondo e torni per dire ad uno che voglia mettersi in viaggio dove dovrà fermarsi e che cosa deve portare con se; lo farà viaggiare più facilmente e più comodamente.
Perciò un Maestro è necessario per coloro che non sono certi della meta, che sono mal sicuri , che dubitano, che non hanno forza, che hanno bisogno che le loro determinazioni e i loro propositi siano risvegliati e rafforzati. Ma per coloro che hanno già veduto la meta, che hanno già veduto e sperimentato quella fiamma che è LIBERAZIONE, egli potrà servire di incoraggiamento,ma essi arriveranno senza di lui.


  • Domanda a Krishnamurti:

Perchè la verità è sgradevole?
  • Risposta di Krishnamurti:

Se penso di essere molto bello e tu mi dici che non è vero, il che potrebbe essere un dato di fatto, certo questo non mi fa piacere. Se penso di essere molto intelligente, molto brillante, e tu mi fai notare che in realtà sono piuttosto stupido, questo per me è molto sgradevole.
Il fatto di farmi notare la mia stupidità ti procura un senso di soddisfazione, non è vero? Lusinga la tua vanità, dimostra quanto tu sia intelligente. Ma tu non vuoi vedere la tua stupidità; vuoi sfuggire a ciò che sei, vuoi nasconderti da te stesso, vuoi occultare il tuo vuoto, la tua
solitudine.
Dunque ti cerchi degli amici che non ti dicono mai ciò che sei. Vuoi mostrare agli altri ciò che sono; ma quando gli altri ti fanno notare ciò che tu sei, non ne sei contento.
Eviti ciò che rivela la tua intima natura.


  • Domanda a Krishnamurti:
  • Come acquisire l’abitudine a non aver paura?
  • Risposta di Krishnamurti:

Notate le parole che avete usato. “Abitudine” comporta un moto che si ripeta più e più volte. Se fate una cosa ripe­tutamente potrà questo generare altro se non monotonia? Il non aver paura è un’abitudine? In verità non avrete paura quando saprete affron­tare i casi della vita e sviscerarli, quando saprete vederli ed esaminarli, non però con una mente offuscata e prigioniera dell’abitudine.
Se fate le cose abitudinariamente, se vivete nelle abitudini, allora non siete altro che una macchina che imita. Abitudine vuol dire ripeti­zione, fare le cose più e più volte senza pensarci: un processo col quale finite per costruire un muro intorno a voi. Se con una qualche abitudine avrete costruito un muro intorno a voi, non sarete liberi dalla paura, ed è proprio il vivere circoscritti da quel muro che vi farà essere spa­ventati. Se si ha l’intelligenza necessaria per guardare a tutto ciò che accade nella vita – il che vuol dire esaminare ogni problema, ogni pensiero, sentimento, o reazione – solo allora c’è libertà dalla paura.
Abbiamo parlato della paura e di come liberarsene, e abbiamo visto che la paura altera la mente privandola della libertà e della creatività e di conseguenza della capacità di iniziativa che è cosa di enorme im­portanza.
Penso che dovremmo anche considerare la questione dell’autorità. Voi sapete che cos’è l’autorità; ma sapete com’essa si viene a formare? Il governo ha autorità. C’è l’autorità dello stato, della legge, del poli­ziotto e del soldato. Genitori ed insegnanti hanno una certa autorità su di voi, vi fanno fare quello ch’essi pensano che dobbiate fare: andare a letto a una certa ora, mangiare la giusta qualità di cibo, incontrare il giusto tipo di persone. Vi impongono una disciplina, non è vero? Perché? Loro dicono che è per il vostro bene. È così? Approfondiremo questo punto. Ma prima dobbiamo capire come scaturisce l’autorità: intendendo per autorità coercizione, costrizione, il potere in una persona sopra un’altra, dei pochi sui molti o dei molti sui pochi.
In primo luogo, evidentemente, c’è il desiderio da parte di ognuno di noi di trovare un modo di comportarci che ci dia sicurezza; vogliamo che ci venga detto cosa dobbiamo fare. Quando siamo confusi, preoc­cupati e non sappiamo cosa fare andiamo da un prete, da un insegnante, da uno dei genitori o da qualcun altro in cerca di una via d’uscita al nostro stato di confusione. Pensando ch’egli lo sappia meglio di noi andiamo da un guru o da qualche sapiente e gli chiediamo di dirci quel che dobbiamo fare. È quindi il nostro intimo desiderio di trovare una determinata maniera di vivere, un criterio di condotta, che genera l’autorità.
Mettiamo per esempio che io vada da un guru. Vado da lui perché penso ch’egli sia un grand’uomo che conosce la verità, che conosce Dio e che perciò possa darmi pace. Di quelle cose non so nulla per mio conto, perciò vado da lui, mi prostro davanti a lui, gli offro fiori, gli accordo la mia devozione. Sento il desiderio di essere confortato, che mi venga detto cosa fare, e così creo l’autorità. È un’autorità che non esiste realmente fuori di me.
Mentre siete giovani l’insegnante potrà indicarvi quel che non sa­pete. Ma se egli ha dell’intelligenza vi aiuterà a diventare anche voi intelligenti; vi aiuterà a capire il vostro stato di confusione in modo che non dobbiate andare in cerca di autorità, né della sua né di quella d’altri.
Esiste l’autorità esterna dello Stato, della legge, della polizia. Creia­mo quest’autorità esterna perché abbiamo dei beni che vogliamo proteg­gere. Ne abbiamo la proprietà e non vogliamo che nessun’altro l’abbia, perciò creiamo un governo che protegga quel che possediamo. Il governo diventa la nostra autorità; è una nostra invenzione perché noi si sia protetti, perché sia protetto il nostro modo di vivere, il nostro sistema di pensiero. Gradatamente, attraverso i secoli, noi consolidiamo un sistema di leggi, di autorità – lo Stato, il governo, la polizia, l’eser­cito – per proteggere “me” e ciò che è “mio”.
Esiste anche l’autorità dell’ideale, un’autorità non esterna ma interna. Quando diciamo: “Devo essere buono, non devo nutrire invidia, devo avere sentimenti fraterni verso tutti”, creiamo nella nostra mente l’autorità dell’ideale. Supponete che io sia intrigante, stupido, crudele, che io voglia tutto per me, che io voglia il potere. Questi sono i fatti, io sono realmente in questa maniera. Ma io penso che devo essere fraterno perché così dicono le persone religiose ed anche perché è conveniente e vantaggioso dire così; io creo allora l’ideale della fratellanza. Non sono fraterno, ma per vari motivi desidero esserlo ed in tal modo l’ideale diventa un’autorità su di me.
Ora, per poter vivere secondo quell’ideale io mi impongo una disciplina. Provo una grande invidia verso di voi perché avete un soprabito più bello, o un sari più grazioso, o più titoli; allora dico: “Non devo nutrire sentimenti di invidia, devo essere fraterno”. L’ideale è diventato un’autorità per me, ed io vivo cercando di conformarmi a quell’ideale. Che accade di conseguenza? La mia vita si trasforma in una continua battaglia fra quel che io sono e quel che dovrei essere. Io mi impongo una disciplina ed anche lo Stato me ne impone una. Che sia comunista, capitalista o socialista lo Stato ha sempre le sue idee su come io debba comportarmi. C’è chi afferma che tutta l’importanza sta nello Stato. Se io vivo in uno Stato di questo tipo e faccio qualcosa che sia contraria all’ideologia ufficiale, lo Stato mi costringe all’obbedienza, vale a dire mi costringono quei pochi che controllano lo Stato.
In noi vi sono due parti, quella conscia e quella inconscia. Comprendete cosa vuol dire questo? Immaginate di camminare per una strada conversando con un amico. La vostra mente conscia è presa nella con­versazione, ma c’è un’altra parte di voi che inconsciamente assorbe innumerevoli impressioni: gli alberi, le foglie, gli uccelli, la luce del sole sull’acqua. Questo impatto dall’esterno sull’inconscio prosegue per tutto il tempo benché la vostra mente conscia sia occupata; e quel che l’in­conscio assorbe è molto più importante di quel che assorbe il conscio. La mente conscia può assorbire relativamente poco. Consciamente voi assorbite quel che vi viene insegnato a scuola per esempio, e in realtà non è molto. Ma la mente inconscia assorbe in continuazione ciò che intercorre fra voi e i vostri insegnanti, fra voi e i vostri amici; è un processo sotterraneo che conta molto di più che la mera assimilazione di fatti che avviene in superficie. Similmente durante le nostre conver­sazioni mattutine l’inconscio assorbe continuamente ciò che viene detto; più tardi, durante il giorno o la settimana seguenti improvvisamente ve ne ricorderete e quello avrà su di voi un effetto di gran lunga maggiore di quanto ascoltate coscientemente.
Ma torniamo indietro; noi creiamo l’autorità: l’autorità dello Stato, della polizia, l’autorità dell’ideale, l’autorità della tradizione. Volete fare qualcosa ma vostro padre vi dice “Non farlo!”; voi dovete obbe­dirgli, altrimenti egli si arrabbierà e voi dipendete da lui per il cibo. Egli vi controlla attraverso la paura, non è così? E in tal modo diventa per voi un’autorità. Parimenti siete controllati dalla tradizione: dovete far questo e non quello, dovete indossare i sari in una certa maniera, non dovete guardare i ragazzi o non dovete guardare le ragazze. La tradizione vi dice cosa dovete fare; e la tradizione dopotutto equivale al sapere. Vi sono libri che vi dicono cosa dovete fare, lo Stato vi dice cosa dovete fare, i genitori vi dicono cosa dovete fare, la società e la religione vi dicono cosa dovete fare. E cosa vi accade? Venite schiac­ciati, semplicemente spezzati. Non pensate, non agite, non vivete con vitalità perché avete paura di tutte queste cose. Dite che dovete obbe­dire altrimenti sarete indifesi. E cosa vuol dire questo? Che vi create un’autorità perché state cercando un criterio di condotta che dia sicu­rezza, un modo di vita che dia sicurezza. La ricerca stessa di sicurezza crea l’autorità ed è per questo che diventate nient’altro che degli schiavi, l’ingranaggio di una macchina, e vivete senza alcuna capacità di pensare, di creare.
Non so se voi dipingiate. Se sì, normalmente chi vi insegna la pittura vi dice come dovete dipingere. Vedete un albero e lo ricopiate. Ma dipingere vuol dire vedere l’albero ed esprimere sulla tela o sulla carta quel che quell’albero vi fa sentire, quel che significa: il movi­mento delle foglie col respiro del vento che le percorre. Per far questo, per afferrare il movimento della luce e dell’ombra dovete essere molto sensibili. E come potete essere sensibili a una qualsiasi cosa se siete spaventati e vi ripetete continuamente: “Devo fare questo, devo fare quello, altrimenti cosa penserà la gente?”. Qualsiasi sensibilità al bello viene gradualmente distrutta dall’autorità.
Sorge così il problema se una scuola di questo tipo debba imporvi una disciplina. Vedete quali difficoltà gli insegnanti, se sono dei veri insegnanti, devono affrontare. Voi siete un ragazzo o una ragazza cat­tiva; se io sono un insegnante, devo io imporvi una disciplina? Se vi impongo una disciplina cosa accadrà? Essendo io più adulto di voi, avendo maggiore autorità e tutto quel che va con essa, ed essendo pagato per fare determinate cose, vi costringo ad obbedire. Facendo così non sto storpiando la vostra mente? Non sto cominciando a distruggere la vostra intelligenza? Se vi costringo a fare una cosa perché io credo che sia giusta non vi sto rendendo stupidi? Ed a voi, anche se in appa­renza obiettate, piace che vi sia imposta una disciplina, che vi sia im­posto di fare alcune cose, perché questo vi dà un senso di sicurezza; pensate che se non foste costretti sareste veramente malvagi, fareste ciò che non è giusto fare; e quindi dite: “Per favore imponetemi una disci­plina, aiutatemi a comportarmi nella maniera giusta”.
Ora dovrei io imporvi una disciplina o piuttosto aiutarvi a capire perché siete cattivi, perché fate questo o quello? In tal caso, certo, come insegnante o come genitore io non devo avere alcun senso di autorità. Devo desiderare realmente di aiutarvi a capire le vostre difficoltà: perché siete cattivi, perché scappate via; debbo volere che lo comprendiate da voi stessi. Se vi costringo non vi aiuto. Se come inse­gnante voglio realmente aiutarvi a capire voi stessi questo comporta che potrò occuparmi soltanto di pochi ragazzi e ragazze. Non posso avere cinquanta allievi per classe. Devo averne solo pochi in modo che io possa dedicare la mia attenzione individualmente a ciascun ragazzo. Allora non costruirò l’autorità per costringervi a fare quel che proba­bilmente fareste spontaneamente una volta che abbiate compreso da voi stessi.
Spero dunque che voi capiate come l’autorità distrugge l’intelligenza. In ultima analisi l’intelligenza può esserci soltanto quando c’è libertà. libertà di pensare, di sentire, di osservare, di interrogare. Ma se vi obbligo vi rendo stupidi come lo sono io; e questo è quel che generalmente avviene in una scuola. L’insegnante pensa ch’egli sa e che voi sapete. Ma che cosa sa l’insegnante? Poco più che la matematica o la geografia. Egli non ha risolto alcun problema vitale, non ha indagato sulle questioni enormemente importanti della vita: eppure tuona come un Giove, o come un sergente maggiore!
in una scuola di questo tipo, dunque, non è importante che vi si abitui a obbedire alla disciplina ma che vi si aiuti a capire, ad essere intelligenti e liberi, poiché allora sarete capaci di fronteggiare tutte le difficoltà della vita senza aula. Ciò richiede un insegnante competente, un insegnante che sia realmente interessato a voi, che non sia turbato dalla preoccupazione del denaro, della moglie e dei figli, ed è responsa­bilità degli studenti oltre che degli insegnanti creare un tale stato di cose. Non limitatevi ad obbedire, ma scoprite come sviscerare un problema per vostro conto. Non dite: “Faccio questo perché mio padre vuole che io lo faccia”, ma scoprite perché vuole che voi lo facciate, perché pensa che una cosa sia buona e l’altra cattiva. Interrogatelo in modo non solo da risvegliare la vostra intelligenza, ma anche da aiutare lui ad essere intelligente.
Ma cosa accade normalmente quando cominciate a interrogare vostro padre? Egli vi impone una disciplina, non è vero? È preoccupato del suo lavoro e non ha la pazienza, non ha l’amore per sedersi e parlare a fondo con voi delle enormi difficoltà dell’esistenza, del guadagnarsi ;da vivere, dell’avere moglie o marito. Non vuole spendere del tempo per addentrarsi in tutte queste questioni; perciò vi allontana o vi manda via, a scuola. Ed in questo l’insegnante è come vostro padre, e come tutti gli altri. Ma è responsabilità degli insegnanti, dei genitori, e di voi tutti studenti, spingere l’intelligenza a scaturire.


  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Come fare per essere intelligenti?
  • Risposta di Krishnamurti:

Cosa intendete con questa domanda? Volete un metodo per diventare intelligenti, perciò vuol dire che voi sapete già cosa sia l’intelligenza. Quando volete andare in qualche posto, conoscete già la vostra destinazione e non dovete che chiedere la strada. Similmente pensate di sapere cosa è l’intelligenza e volete un metodo per diventare intelligenti. L’intelligenza sta proprio nella ricerca stessa di questo metodo. La paura distrugge l’intelligenza. La paura vi impedisce di esa­minare, di porre in dubbio, di indagare; vi impedisce di scoprire quel che è genuino. Probabilmente sarete intelligenti quando non vi sarà più paura in voi. Dovete perciò indagare su tutta la questione della paura e liberarvene; allora avrete la possibilità di essere intelligenti. Ma se dite: “Come fare per essere intelligente?”, non fate che coltivare un metodo, e così diventate stupidi.


  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Come possiamo vivere felici?
  • Risposta di Krishnamurti:

Quando vivete felici ne avete cognizione? Avete cognizione della sofferenza o di un dolore fisico; ma quando siete felici Lo sapete? Siete consapevoli del vostro corpo quando siete sani? In verità la felicità è una condizione della quale siete inconsci, della quale non siete consapevoli. Non appena vi accorgete di essere felici cessate di esserlo, non è così? Ma la maggior parte di voi soffre; ed essendone consci volete evadere dalla sofferenza e trovare quel che voi chiamate felicità. Volete essere consapevolmente felici; e dal momento in cui siete consapevolmente felici, la felicità se n’è andata. Potete mai dire d’essere allegri? È soltanto dopo, un momento oppure una settimana dopo, che dite: “Com’ero felice, come sono stato allegro”. Nel momento stesso in cui l’avete, siete inconsci della felicità e questa è la sua bellezza.
Il problema della disciplina in realtà è molto complesso perché la maggior parte di noi ritiene di poter raggiungere la libertà per mezzo di qualche tipo di disciplina. Disciplina vuol dire coltivare una resistenza. Resistendo, costruendo dentro di noi una barriera contro qualcosa che consideriamo sbagliato, pensiamo di diventare più capaci di compren­sione e più liberi di vivere una vita piena: ma i fatti non sono questi. Più resistete, più lottate contro qualcosa, e meno lo comprendete. Senza dubbio è soltanto quando c’è libertà, vera libertà di pensare, di inve­stigare, che siete capaci di scoprire alcunché.
Ma la libertà non potrà ovviamente esistere in una struttura fissa, e la maggior parte di noi vive dentro uno spazio limitato, in un mondo racchiuso entro delle idee. Sono i vostri genitori ed i vostri insegnanti per esempio, che vi dicono cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è male e cosa è giovevole. Voi sapete quel che dice la gente, quel che dice la tradizione e quel che avete appreso a scuola. Tutto ciò forma una specie di recinto entro cui vivete; e vivendoci dentro dite d’essere liberi. Lo siete? Può un uomo essere mai libero fin quando vive recluso in carcere?
Occorre dunque abbattere le mura di quella prigione che è la tradi­zione e scoprire per conto nostro che cosa è reale, che cosa è vero. Bisogna sperimentare e scoprire da sé e non limitarsi a seguire una persona per buona nobile e stimolante che sia e per felici che ci si possa sentire in sua presenza. Quel che conta veramente è avere la capacità di esaminare, di non accettare passivamente tutti i valori creati dalla tradizione e tutte le cose che la gente giudica buone, giovevoli e valide. Non appena accettate cominciate a conformarvi, a imitare; ed il confor­marsi, l’imitare, il seguire, non renderanno mai una persona libera e felice.
Gli adulti affermano che bisogna sottoporvi ad una disciplina. Voi stessi vi imponete una disciplina ed altri ve la impongono dall’esterno. Ma ciò che importa è la libertà di pensare e di indagare per poter comin­ciare a scoprire le cose da voi stessi. Purtroppo per lo più la gente non vuol pensare e scoprire; la loro mente è chiusa. Pensare intensamente, sviscerare le questioni e scoprire da sé che cosa è vero richiede vigile percezione, indagine costante, e molte persone non hanno né l’inclina­zione né l’energia necessarie. Costoro dicono: “Voi sapete più di me; voi siete il mio guru, il mio insegnante, ed io vi seguirò”.
È perciò molto importante che fin dalla più tenera età siate liberi di scoprire, che non siate circoscritti da un muro di “devi farlo” e “non devi farlo”; infatti se vi si dirà continuamente cosa fare e cosa non fare che accadrà della vostra intelligenza? Sarete un individuo incapace di pen­sare, che abbraccia semplicemente una qualche carriera, a cui i genitori diranno chi deve o non deve sposare, ed evidentemente questo non sarà azione dell’intelligenza. Potrete superare esami e stare finanziariamente bene, potrete avere vestiti buoni, gioielli in quantità, potrete avere amici e prestigio; ma fino a quando sarete legati alla tradizione, non potrà esserci intelligenza in voi.
In verità l’intelligenza scaturisce soltanto quando siete liberi di porre interrogativi, liberi di pensare e di scoprire, in modo che la. vostra mente diventi molto attiva vigile e limpida. Allora sarete un individuo veramente completo, non un essere spaventato, incerto sul da fare, che dentro sente una cosa ed esteriormente si conforma a un’altra.
L’intelligenza esige che voi rompiate con la tradizione e viviate in maniera autonoma; ma voi siete limitati dalle idee che hanno i vostri genitori su quel che dovete e non dovete fare ed anche dalle tradizioni della società. Dentro di voi dunque ha luogo un conflitto. Siete tutti giovani, ma non credo che siate troppo giovani per essere consapevoli di questo fatto. Volete fare qualcosa, ma genitori ed insegnanti dicono: “Non farlo!” e di conseguenza dentro di voi nasce una lotta; fin quando non risolverete questa lotta sarete prigionieri di un conflitto interiore, di sofferenza, di dolore, desidererete incessantemente di fare qualcosa che vi si impedisce di fare.
Se esaminate questo punto molto attentamente vedrete che disci­plina e libertà sono in contraddizione fra loro, e che la ricerca della vera libertà mette in moto un processo assolutamente diverso il quale produce una chiarificazione per cui voi talune cose semplicemente non le farete.
È molto importante che da giovani siate liberi di scoprire cosa veramente desiderate fare nella vita, e che vi si aiuti a capirlo. Se non lo scoprite da giovani non lo scoprirete più, non sarete mai individui liberi e felici. Il seme va gettato adesso, in modo che cominciate adesso a prendere l’iniziativa.
Vi sarà capitato spesso di incontrare per strada delle contadine cariche di pesanti fardelli, non è vero? Cosa sentite per loro? Povere donne vestite di sudici stracci, mal nutrite, che lavorano giorno dopo giorno per una miseria: sentite qualcosa nei loro riguardi? O siete tanto spaventati, tanto presi da voi stessi, dai vostri esami, dal vostro aspetto, dai vostri sari che non fate loro alcuna attenzione? Forse sentite di essere molto migliori, di appartenere ad una classe più elevata, e non avete per loro alcuna considerazione? Quando le vedete passare cosa provate? Non vorreste aiutarle? No? Da questo si può dedurre il vostro modo di pensare. Siete così offuscati da secoli di tradizione, da quel che dicono vostro padre e vostra madre, siete tanto consci di appartenere ad una determinata classe che non guardate nemmeno i contadini? Siete addirittura tanto ciechi da non vedere quanto accade intorno a voi?
È paura, paura di quel che diranno i genitori, di quel che diranno gli insegnanti, paura della tradizione, paura della vita quel che gradualmente distrugge la sensibilità. Sapete cos’è la sensibilità? Essere sensibili vuol dire sentire, ricevere impressioni, avere simpatia per chi soffre, nutrire affetti, essere consapevoli di quello che accade intorno a noi.
Quando suona la campana del tempio ve ne rendete conto? Ne ascoltate il suono? Vedete mai i raggi del sole sull’acqua? Vi accorgete della povera gente, dei contadini che sono stati dominati, calpestati per secoli da sfruttatori? Quando vedete un cameriere che trasporta un tappeto pesante gli date una mano d’aiuto?
Tutte queste cose richiedono sensibilità. Ma, vedete, quando ci viene imposta una disciplina, quando si è pavidi, preoccupati di se stessi, la sensibilità ne è distrutta. Essere tutti presi del proprio aspetto, dei propri sari, pensare tutto il tempo a se stessi – cosa che in una maniera o nell’altra la maggior parte di noi fa – vuol dire essere insensibili perché allora la mente e il cuore sono prigionieri e si perde ogni capa­cità di apprezzare la bellezza.
Essere veramente liberi implica grande sensibilità. Non c’è libertà se siete prigionieri del vostro interesse personale o chiusi entro le mura di varie forme di disciplina. Fin quando la vostra vita resta un processo di imitazione non può esserci sensibilità, libertà. È molto importante mentre state qui, che in voi venga seminato il seme della libertà che genera intelligenza: è l’intelligenza che vi consentirà infatti di affron­tare tutti i problemi della vita.


  • Domanda a Krishnamurti:  

  • È effettivamente possibile per un uomo liberarsi da ogni senso di paura ed allo stesso tempo restare nella società?
  • Risposta di Krishnamurti:

Che cos’è la società? Un insieme di valori, un insieme di norme, regolamenti e tradizioni, non è così? Voi vedete questa situazione dall’esterno e dite: “Posso avere io un rapporto effet­tivo con tutto questo?”. Perché no? Dopotutto, se vi adeguate semplicemente a quella struttura, siete forse libero? E cosa intendete per “effettivamente possibile”? Intendete dire guadagnarsi da vivere? Ci sono molte cose che potete fare per guadagnarvi da vivere; e se siete liberi, non potete scegliere quel che volete fare? Non è questo “effetti­vamente possibile”? O considerate “effettivamente possibile” dimenticare la vostra libertà e adattarvi semplicemente alla struttura esistente diven­tando avvocato, banchiere, commerciante o spazzino? In realtà se siete liberi ed avete coltivato la vostra intelligenza scoprirete quale sia per voi la cosa migliore da fare. Spazzerete via tutte le tradizioni e farete quel che veramente amate fare, senza badare se i vostri genitori e la società approvino o disapprovino. Essendo liberi sarete intelligenti e farete qualcosa che sia interamente vostra, agirete come un essere umano integrato nella sua personalità.


  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Che cosa è Dio?
  • Risposta di Krishnamurti:

Come pensate di scoprirlo? Accetterete l’infor­mazione che vi darà qualcun altro? O intendete cercare di scoprire da voi che cosa è Dio? È facile fare domande ma conoscere la verità per esperienza richiede molta intelligenza, intensa indagine e ricerca. Perciò il primo problema è: intendete accettare quel che un altro dice intorno a Dio? Non importa chi sia questa persona, Krishna, Buddha o Cristo, perché essi possono avere sbagliato tutti, e così potrebbe sbagliarsi il vostro guru particolare. In realtà per scoprire che cosa è vero la vostra mente dev’essere libera di indagare e questo significa che non può sem­plicemente accettare o credere. Vi posso anche dare una descrizione della verità, ma non sarà lo stesso per voi che averne diretta esperienza. Tutti i testi sacri descrivono che cosa è Dio ma quella descrizione non è Dio. La parola “Dio” non è Dio stesso, no? Per scoprire che cosa è vero non dovete mai accettare quel che pensano gli altri, non dovete essere mai influenzati da quel che possono dire i libri, gli insegnanti o chicchessia. Se ne siete influenzati troverete solo quel ch’essi vogliono che troviate. E dovete sapere che la mente sa crearsi l’immagine di quel che vuole; può immaginare Dio con la barba oppure con un occhio solo; lo può rendere turchino o purpureo. Dovete dunque stare attenti ai vostri stessi desideri e a non lasciarvi ingannare dalla proiezione dei vo­stri bisogni e delle vostre aspirazioni. Se desiderate intensamente vedere Dio in una determinata forma, l’immagine che vedrete sarà consona ai vostri desideri; e quell’immagine non sarà Dio. Se siete oppressi dal dolore e volete essere consolati o se siete romantici e sentimentali nelle vostre aspirazioni finirete per crearvi un Dio che vi darà quel che volete, ma neanche quello sarà Dio.
Dunque la vostra mente dev’essere del tutto libera; soltanto allora potrete scoprire quel che è vero, non accettando qualche superstizione o leggendo i cosiddetti sacri testi e nemmeno diventando seguaci di qualche guru. Soltanto quando avrete questa libertà, questa genuina libertà dagli influssi esterni come dai vostri stessi desideri e dalla vostra aspirazione, in modo che la vostra mente sia molto limpida, soltanto allora vi sarà possibile scoprire che cosa è Dio. Ma se vi limitate a sedervi e speculare allora il vostro tentativo di indovinare varrà quanto quello del vostro guru e sarà altrettanto illusorio.


  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Possiamo essere consapevoli dei nostri desideri inconsci?
  • Risposta di Krishnamurti:

Anzitutto siete consapevoli dei vostri desideri consci? Sapete cos’è il desiderare? Vi accorgete che di solito non ascol­tate chiunque dica qualcosa di contrario alle vostre convinzioni? Il vostro desiderio vi impedisce di ascoltare. Se voi desiderate Dio e qualcuno vi fa notare che il Dio che desiderate è il risultato delle vostre frustrazioni e delle vostre paure voi lo ascoltate? Certamente no. Volete una cosa mentre la verità è qualcosa di completamente diverso. Vi chiu­dete nei limiti dei vostri desideri personali. Essere poi consapevoli dei desideri profondamente nascosti dentro di noi è molto più difficile. Per scoprire quel ch’è nascosto in se stessa e capire i propri stessi scopi la mente che indaga dev’essere sufficientemente libera e limpida. Perciò prima siate pienamente consapevoli dei vostri desideri consci; poi, man mano che diventate sempre più consapevoli di quel che sta alla super­ficie potrete andare sempre più in profondità.

    Domanda a Krishnamurti:Perché alcune persone nascono nelle strettezze ed altri invece sono ricchi ed agiati?

  • Risposta di Krishnamurti:
Che ne pensate voi? Invece di chiedere a me ed aspettare la mia risposta perché non scoprite i vostri sentimenti in proposito? Ritenete che si tratti di qualche misterioso processo che chiamate karma? In una vita precedente avete vissuto nobilmente e quindi ora venite ricompensati con ricchezza e posizione sociale? È forse così? Oppure avendo agito molto male in una vita precedente state pagando lo scotto in questa?
Vedete, questo è davvero un problema molto complesso. La società è colpevole della miseria, una società nella quale gli avidi e gli astuti sfruttando gli altri arrivano fin sulla cima. Anche noi vogliamo la stessa cosa, arrampicarci su per la scala ed arrivare in cima. E quando tutti vogliamo arrivare sulla cima che cosa accade? Calpestiamo qualchedun altro; e chi è calpestato, distrutto chiede: “Perché la vita è così ingiusta? Voi avete tutto ed io non ho nessuna capacità, non ho nulla”. Fin quando continueremo ad arrampicarci per la scala del successo vi saranno sempre malati e affamati. Bisogna capire cos’è l’ambizione di successo e non perché vi sono ricchi e poveri o perché alcuni hanno talento ed altri no. Quel che bisogna cambiare è il nostro desiderio personale di salire, il nostro desiderio di essere grandi, di riuscire. Tutti aspiriamo al successo, non è vero? È lì che sta l’errore e non nel karma o in altri motivi. Il fatto reale è che vogliamo tutti stare in cima, forse non proprio in cima, ma almeno quanto più in alto possiamo arrampicarci sulla scala. Fin quando ci sarà questa corsa per diventare grandi, per diventare qualcuno nel mondo, avremo ricchi e poveri, chi sfrutta e chi è sfruttato.

  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Dio é un uomo, una donna o qualcosa di assolutamente misterioso?
  • Risposta di Krishnamurti:
Ho appena risposto a questa domanda, e temo che non abbiate ascoltato. Questo paese è dominato dagli uomini. Supponete che io vi dica che Dio è una signora, che fareste voi? Respingereste l’idea, perché siete pienamente convinti che Dio è un uomo. Perciò dovete scoprirlo da voi; ma per scoprirlo dovete esser liberi da ogni pregiudizio.
Le ultime due o tre volte abbiamo parlato della paura e, poiché è una delle cause fondamentali del nostro deterioramento, penso che dovremmo guardarla da un’angolazione diversa, da un diverso punto di vista.
Sapete, ci vien sempre detto cosa dobbiamo o non dobbiamo pen­sare. Libri, insegnanti, genitori, la società che ci circonda, tutti ci dicono cosa dobbiamo pensare ma non ci aiutano mai a scoprire come pensare. Sapere cosa pensare è relativamente facile perché dalla prima infanzia la nostra mente è stata condizionata da parole, frasi, atteggiamenti e pregiudizi ben saldi. Non so se avete notato come la mente delle persone anziane nella maggior parte dei casi sia stazionaria; sono fermi come creta in uno stampo ed è difficilissimo penetrare attraverso questo stam­po. Lo stampo della mente è il suo condizionamento.
Qui in India secoli di tradizione vi condizionano a pensare in una certa maniera; il vostro condizionamento ha cause economiche sociali e religiose. In Europa la mente viene condizionata in maniera alquanto diversa; ed in Russia dalla rivoluzione in poi, i leader politici si sono accinti a condizionare la mente ancora in un’altra maniera. Perciò dap­pertutto la mente viene condizionata, non solo superficialmente, nella parte conscia, ma nel suo profondo. La mente nascosta o inconscia è condizionata dalla razza, dal clima, da un’imitazione non tradotta in parole, non espressa.
Ora la mente non può essere libera finché rimane chiusa in uno stampo o condizionata. E la maggior parte delle persone pensa che non si possa mai liberare la mente dal suo condizionamento, che dev’essere sempre condizionata. Dicono che non si può fare a meno di pensare in una determinata maniera, di avere certi pregiudizi e che non può esservi nessuna emancipazione, nessuna libertà per la mente. Inoltre quanto più antica è una civiltà tanto più graverà sulla mente il peso della tradizione, dell’autorità, della disciplina. Le persone che appartengono ad una razza antica, come gli Indiani, sono più condizionate di quelle che vivono in America per esempio, dove esiste una libertà sociale ed eco­nomica maggiore e dove in tempi abbastanza recenti gli abitanti sono stati dei pionieri.
Una mente condizionata non è libera perché non può mai andare al di là dei propri confini, al di là delle barriere che ha costruito intorno a sé, questo è evidente. Ed è molto difficile per una mente così, liberarsi dal proprio condizionamento e superarlo, perché quel condizionamento le è imposto non soltanto dalla società ma da se stessa. A voi piace il vostro condizionamento perché non osate superarlo. Siete spaventati di quel che direbbero vostro padre e vostra madre, di quel che direbbero la società e il prete: quindi contribuite a creare le barriere che vi ten­gono in loro possesso. Questa è la prigione nella quale per lo più siamo tutti chiusi, e questo è il motivo per cui i vostri genitori vi dicono in continuazione – come voi lo direte ai vostri figli – di far questo e di non far quello.
Che cosa avviene generalmente in una scuola, specialmente se il vostro insegnante vi piace? Se il vostro insegnante vi piace volete seguirlo, volete imitarlo perciò il condizionamento della vostra mente si fa sempre più rigido, permanente. Poniamo per esempio che siate in un ostello e abbiate un insegnante che esegua il suo quotidiano rituale reli­gioso, a voi piace lo spettacolo, vi piace la sua bellezza e cominciate a farlo anche voi. In altre parole venite ulteriormente condizionati; e questo condizionamento è molto efficace, perché quando si è giovani si è bramosi, impressionabili, disposti all’imitazione. Non so se voi siate creativi, probabilmente no perché i vostri genitori non vi permetteranno di andare oltre il muro, non vogliono che guardiate al di là del vostro condizionamento. Poi vi fanno sposare, venite sistemati in uno stampo e lì resterete intrappolati per tutta la vita.
Mentre siete giovani venite facilmente condizionati, modellati, costretti a seguire un esempio fisso. Si dice che se un bambino – un bambino buono, intelligente, sveglio – viene allevato da un prete soltanto per sette anni, il bambino ne sarà condizionato a tal punto che per tutto il resto della sua vita continuerà ad essere essenzialmente lo stesso. Questo può succedere in una scuola di questo tipo, dove gli insegnanti non sono liberi da condizionamento. Sono proprio come tutti gli altri. Compiono i loro riti religiosi, hanno le loro paure, desiderano avere un loro guru; e poiché sono essi ad insegnarvi – ed anche perché magari un particolare insegnante vi piace o perché vedete qualche bel rito religioso e volete eseguirlo anche voi – inconsciamente venite presi nell’imitazione.
Perché gli adulti eseguono dei riti religiosi? Perché i loro padri
l’hanno fatto prima di loro ed anche perché questo gli fa provare dei
determinati sentimenti e sensazioni, li fa sentire interiormente tranquilli.
Salmodiano qualche preghiera pensando che se non lo facessero potrebbero essere perduti. Ed i giovani copiano e così incominciano ad imitare:
Se lo stesso insegnante si ponesse degli interrogativi a proposito di
tutto questo ritualismo, se soltanto ci pensasse davvero – cosa che pochissimi fanno mai, se egli adoperasse la propria intelligenza per esaminarlo senza pregiudizi, scoprirebbe presto che esso non ha signi­ficato alcuno. Ma investigare e scoprire la verità su questa faccenda richiede moltissima libertà. Se siete già prevenuti a favore di qualcosa e poi procedete ad esaminarla, è ovvio che non vi sarà una vera indagine. Non farete che rafforzare il vostro pregiudizio, la vostra prevenzione.
È quindi molto importante che gli insegnanti si accingano a decondizionare se stessi ed anche ad aiutare i bambini a crescere liberi da condizionamenti. Sapendo quanto sia forte l’influsso condizionante dei genitori, della tradizione, della società, l’insegnante deve incoraggiare i bambini a non accettare senza riflettere, ma ad indagare, a porre in dubbio.
Se voi osservate la maniera in cui crescete comincerete a capire come varie influenze stiano plasmandovi, come non siete aiutati a pensare, come invece vi viene detto che cosa dovete pensare. Se non vi ribellate a questo processo vi ridurrete al pari di una macchina automatica, fun­zionante senza alcuna capacità creativa, senza un po’ di originalità di pensiero.
Avete tutti paura che se non vi adattate alla società non vi sarà possibile guadagnarvi da vivere. Se vostro padre è avvocato pensate che anche voi dovete esserlo. Se siete una ragazza vi sottometterete al fatto che altri decidano di farvi sposare. Cosa avviene dunque? Iniziate la vita come giovani pieni di vitalità ed entusiasmo ma tutto ciò viene gradatamente distrutto dall’influenza condizionatrice dei genitori e degli insegnanti coi loro pregiudizi, paure e superstizioni. Lascerete la scuola e andrete nel mondo ben indottrinati, ma avrete perso la vitalità neces­saria per indagare, per ribellarvi contro le stupidità tradizionali della società.
Ora state qui seduti ad ascoltare; ma cosa accadrà quando avrete finalmente superato il vostro esame di laurea? Sapete benissimo che cosa accadrà. A meno che non vi ribelliate sarete esattamente come tutti gli altri al mondo perché non oserete essere diversi. Sarete con­dizionati e plasmati in tal maniera che avrete paura di agire in modo originale. Vi controllerà vostro marito o vostra moglie e la società vi dirà cosa dovete fare. Così, una generazione dopo l’altra, l’imitazione si protrae. Non c’é vera iniziativa, non c’è libertà, non c’è felicità; non c’è altro che un lento morire. Che scopo ha essere istruiti, impa­rare a leggere e scrivere se non dovrete far altro che tirare avanti come macchine? Ma è questo che vogliono i vostri genitori ed è questo che vuole il mondo. Il mondo non vuole che voi pensiate, non vuole che siate liberi di scoprire, perché allora diventereste cittadini peri­colosi, non potreste inserirvi nell’ordine costituito. Un essere umano libero non può mai sentire di appartenere ad un particolare paese, ad una particolare classe o ad una particolare mentalità. Libertà significa libertà ad ogni livello, in ogni possibile senso, e pensare soltanto lungo una linea particolare non è libertà.
Perciò mentre siete ancora giovani è importantissimo che siate liberi non soltanto al livello della mente conscia, ma anche nel profondo di voi stessi, che siate sempre più consapevoli delle varie forme di autorità che cercano di controllarvi e dominarvi; significa che non dovete mai accettare senza riflettere, ma porre ogni cosa in questione, investigare, ribellarvi.

  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Come può essere libera la nostra mente quando vi­viamo in una società imbevuta di tradizione?
  • Risposta di Krishnamurti:
Anzitutto dovete sentire la spinta interna, l’esi­genza di essere liberi. Come l’uccello sente l’imperioso bisogno di volare o le acque del fiume di scorrere. Avete quest’ansia di essere liberi? Se l’avete che cosa accadrà? I vostri genitori e la società cercheranno di costringervi entro uno stampo. Siete capaci di resistere alla loro pressione? Lo troverete difficile, perché siete spaventati. Vi spa­venta non trovare lavoro, non trovare il marito o la moglie giusta; vi spaventa soffrire la fame o quel che di voi dirà la gente. Per quanto vogliate essere liberi avete paura, e perciò non opporrete resistenza. Vi blocca la paura di quel che potrebbe dire la gente o di quel che potrebbero fare i vostri genitori e perciò essi vi cacciano a forza in uno stampo. Ora siete capaci di dire “lo voglio sapere, non m’importa patire la fame. Qualunque cosa accada io intendo lottare contro le barriere imposte da questa società in sfacelo, perché voglio essere libero di scoprire”? Ne siete capaci? Essendo spaventati, siete capaci di opporvi a tutte queste barriere, a tutte queste imposizioni?
Dunque è molto importante che fin dalla più tenera età si aiuti il bambino a capire le implicazioni della paura e a liberarsene. Dal mo­mento in cui avrete paura la libertà avrà termine.
  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Come possiamo liberarci dalla paura essendo stati allevati in una società che si basa su di essa?
  • Risposta di Krishnamurti:
Siete consapevoli di essere spaventati? Se lo siete, come intendete liberarvi dalla paura? Voi ed io dobbiamo sco­prirlo perciò vogliate esaminare a fondo la cosa insieme a me.
Quando siete consci di essere spaventati che fate in realtà? Fuggite la paura, non è vero? Prendete un libro o andate a fare una passeg­giata; cercate di dimenticarvene. Vi spaventano i genitori, la società; siete consci di questa paura e non sapete come risolverla. Vi spaventa realmente persino pensarci, perciò la fuggite in diverse maniere. Ecco perché continuate a studiare ed a superare esami fino all’ultimo mo­mento, quando poi vi toccherà affrontare l’inevitabile ed agire. Cercate costantemente di evadere dal vostro problema, ma ciò non vi aiuterà a risolverlo. Dovete affrontarlo.
Ora, siete capaci di guardare in faccia la vostra paura? Se volete esaminare la forma delle ali, delle gambe, del becco di un uccello, dovete osservarlo da presso, non è così? Ebbene, se siete spaventati dovete guardare da vicino la vostra paura. Quando la fuggite non fate che aumentarla.
Supponiamo, per esempio, che vogliate dedicare la vostra vita a qualcosa che realmente amate, ma che i vostri genitori vi dicano che non dovete farlo e vi minaccino di conseguenze terribili se lo farete. Vi dicono che non vi daranno più denaro e questo vi spaventa a tal punto che non osate neppure guardare in faccia la vostra paura. Perciò cedete e la paura resta.

  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Che cos’è la vera libertà e come possiamo acquisirla?
  • Risposta di Krishnamurti:
La vera libertà non è qualcosa che si possa acqui­sire, essa è il risultato dell’intelligenza. Non potete uscire e comprare la libertà al mercato. Non potete ottenerla leggendo un libro o ascol­tando i discorsi di qualcuno. La libertà viene dall’intelligenza.
Ma che cos’è l’intelligenza? Può esserci intelligenza quando c’è paura o quando la mente è condizionata? Quando essa è preconcetta, quando pensate di essere un individuo meraviglioso, quando siete molto ambizioso e volete arrampicarvi lungo la scala del successo mondano o spirituale può esservi intelligenza? Quando vi preoccupate di voi stessi, quando seguite o venerate qualcuno, può esservi intelligenza? In verità l’intelligenza scaturisce quando capite e rompete con tutta questa stupidità. Perciò dovete accingervi a farlo e la prima cosa sarà essere consapevoli che la vostra mente non è libera. Dovete osservare come la vostra mente è legata in molteplici modi e allora in voi avrà inizio quell’intelligenza che genera la libertà. Dovete trovare la domanda voi stessi. Cosa conta che un altro sia libero quando voi non lo siete o che qualchedun altro abbia da mangiare quando voi avete fame?
Per essere creativi., cioè per essere veramente capaci di iniziativa, dev’esserci libertà e perché ci sia libertà ci vuole intelligenza. Perciò dovete indagare e scoprire che cosa in voi ostacola l’intelligenza; dovete investigare sulla vita, dovete porre in questione i valori sociali, tutto; dovete non accettare mai qualcosa perché siete spaventati.

Forse possiamo avvicinarci al problema della paura ancora da un’altra angolazione. La paura nella maggior parte di noi produce fenomeni impensati; crea ogni sorta di illusioni e problemi. Fino a quando non la studiamo a fondo e non ne abbiamo una vera comprensione la paura deformerà sempre le nostre azioni. La paura ci distorce le idee e avvi­luppa le vie della nostra vita; crea barriere fra le persone e porta a sicura distruzione dell’amore. Perciò quanto più investigheremo sulla paura, tanto maggiore sarà il contatto che riusciremo a stabilire con tutto quel che ci circonda. Attualmente i nostri contatti con la vita si verificano in pochissimi casi, non è vero? Ma se saremo capaci di liberarci della paura avremo contatti molteplici, profonda compren­sione, genuina simpatia, amorevole riguardo, mentre il nostro orizzonte si allargherà grandemente. Vediamo dunque se riusciamo a parlare della paura da un diverso punto di vista.
Mi chiedo se avete mai notato come ognuno di noi desideri un qualche tipo di sicurezza psicologica. Vogliamo sicurezza, qualcuno a cui appoggiarci. Come un bambino piccolo si tiene alla mano della madre così vogliamo qualcosa a cui aggrapparci; qualcuno che ci ami. Se siamo privi di un senso di sicurezza, di una protezione mentale, ci sen­tiamo perduti, non è vero? Siamo abituati ad appoggiarci agli altri a contare sugli altri perché ci guidino e ci aiutino e senza sostegni ci confondiamo e spaventiamo, non sappiamo in che modo pensare e agire. Non appena restiamo affidati a noi stessi ci sentiamo solitari, indifesi, esitanti. Non deriva forse da questo la paura?
Vogliamo dunque qualcosa che ci dia senso di sicurezza e ci costruiamo perciò vari tipi di difese: ci costruiamo una protezione inte­riore ed anche una esterna. Quando chiudiamo porte e finestre e ce ne stiamo all’interno della nostra casa ci sentiamo molto protetti, di­fesi, niente ci molesta. La vita però non è così. La vita bussa continuamente alla porta e cerca di forzare ed aprire le finestre per farci guardar fuori; e se spinti dalla paura chiudiamo le porte a chiave, spranghiamo le finestre, i colpi della vita che bussa non faranno che diventare più forti. Più strettamente ci aggrappiamo a una qualsiasi forma di sicu­rezza, tanto più la vita ci viene addosso e ci sospinge. Quanto più ci spaventiamo e ci chiudiamo in uno spazio circoscritto, tanto più grande sarà la nostra sofferenza, perché la vita non ci lascerà stare.
Vogliamo sentirci protetti ma la vita ci dice che non è possibile; da ciò deriva la nostra lotta. Ricerchiamo sicurezza dalla società, dalla tradizione, dal rapporto col padre e con la madre, con la moglie o col marito; ma la vita abbatte le mura della nostra sicurezza.
Anche dalle idee noi cerchiamo sicurezza e conforto. Avete notato in che maniera nascono e in che maniera la mente si aggrappa alle idee? Percepite una cosa molto bella durante una passeggiata e la mente ritorna sempre a quell’idea, a quel ricordo. Leggete un libro e ne rica­vate un’idea alla quale vi aggrappate. Dovete perciò capire come na­scono le idee e come esse divengono mezzo di intimo conforto, di sicu­rezza, qualcosa a cui la mente si aggrappa.
Avete mai riflettuto su questo punto, sulle idee? Se voi avete un’idea e io ne ho una diversa, e ciascuno di noi pensa che la sua sia migliore di quella dell’altro, lotteremo fra di noi, no? Io cercherò di convincere voi e voi cercherete di convincere me. Tutto il mondo è fatto di idee e di contrasti fra idee; se esaminate la questione troverete che aggrapparsi a un’idea non ha alcun senso. Ma avete notato come vostra madre e vostro padre, i vostri insegnanti, le vostre zie e zii, tutti si aggrappino tenacemente a quel che pensano?
Ebbene, come si forma un’idea? Come vi fate un’idea? Quando vi nasce l’idea di andare a fare una passeggiata, ad esempio, come viene fuori? Scoprirlo è molto interessante. Se osservate vedrete come nasce un’idea del genere e come la vostra mente vi si aggrappa mettendo da parte ogni altra cosa. L’idea di andare a fare una passeggiata costituisce la risposta ad una sensazione, no? Altre volte una passeg­giata vi ha lasciato un sentimento o una sensazione piacevole; volete ripetere l’esperienza, così nasce l’idea e viene tradotta in azione. La vista di una splendida automobile suscita una sensazione, e la sensa­zione deriva proprio dal guardare l’automobile. Il vederla crea la sen­sazione. Dalla sensazione nasce l’idea: “Voglio quella macchina, è la mia macchina”, ed allora l’idea si fa dominante.
Noi cerchiamo sicurezza nei beni esteriori e nei rapporti col pros­simo ed anche in credenze o idee interiori. Io credo in Dio, nei riti religiosi, credo che è giusto ch’io mi sposi in una certa maniera, credo nella reincarnazione, nella vita ultraterrena, e così via. Queste convin­zioni vengono create tutte dai miei desideri, dai miei pregiudizi e ad esse mi aggrappo. Vi sono per me delle protezioni esterne, fuori dalla mia carne per così dire, ed anche protezioni interiori; toglietemele o contestatene la validità ed io mi spavento; vi allontanerò da me. Mi batterò contro di voi se minacciate la mia sicurezza.
Ebbene, questo che chiamiamo sicurezza esiste davvero? Mi comprendete? Noi abbiamo delle idee a proposito della sicurezza. Forse ci sentiamo al sicuro insieme ai nostri genitori o facendo un determinato lavoro. Il nostro modo di pensare, il nostro modo di vivere, il nostro modo di considerare le cose, tutto ciò può farci sentire soddisfatti. Per lo più siamo ben contenti di essere chiusi nel cerchio delle nostre idee protettive. Ma sarà mai possibile essere veramente protetti, sarà mai possibile essere sicuri qualunque sia il numero di difese esterne o interne che riusciremo a farci? Fuori di noi la banca potrebbe fallire domani, padre e madre potrebbero morire, potrebbe esserci una rivo­luzione. Ma nelle idee esiste sicurezza? Ci piace credere di essere sicuri con le nostre idee, le nostre convinzioni, i nostri pregiudizi; ma lo siamo davvero? Queste mura non esistono realmente: sono soltanto concezioni, sensazioni nostre. Ci piace credere che c’è un Dio che si occupa di noi oppure che rinasceremo un’altra volta più ricchi e più nobili di quanto siamo adesso. Ci accorgeremo da noi perciò, esami­nando a fondo la sicurezza interna ed esterna, che nella vita non ne esiste proprio alcuna.
Se chiedete ai profughi dal Pakistan o dall’Europa orientale certamente essi vi diranno che non esiste alcuna sicurezza esterna; ritengono però che esiste una sicurezza interiore e si aggrappano a questa idea. Se vi accade di perdere la vostra sicurezza esterna tanto più ansiosi diventate di costruirvi una sicurezza interiore, e non volete lasciarvela sfuggire. Si incorre così in una paura ancora maggiore.
Se domani o fra pochi anni i vostri genitori vi diranno chi essi vogliono che voi sposiate, ne sarete spaventati? Certamente no perché, visto come siete stati allevati, farete esattamente quel che vi si dirà di fare; i genitori, il guru, il prete, vi insegnano a pensare lungo determinate linee, ad agire in una determinata maniera, a nutrire determi­nate convinzioni. Ma se vi chiedessero di decidere per conto vostro non vi sentireste del tutto disorientati? Voi rabbrividireste se i vostri genitori vi dicessero di sposare chi vi piace, non è forse così? Fortemente condizionati dalla tradizione, dalla paura di molte cose, non vor­reste esser lasciati liberi di decidere per conto vostro. Essere lasciati soli implica pericolo, e voi non volete che questo avvenga mai. Non volete mai sviscerare una questione da soli. Non volete mai passeg­giare da soli. Tutti volete essere occupati a far qualcosa, come formiche sempre attive. Vi spaventa esaminare un problema, affrontare una qualsiasi delle istanze della vita; ed essendo spaventati fate cose assurde e caotiche. Simili ad un mendicante che porge il suo piattino, siete pronti ad accettare senza pensarci qualunque offerta.
Chi è realmente capace di pensare, riflettendo su tutto ciò, comin­cerà a liberarsi da ogni tipo di difesa protettiva, interiore o esteriore che sia. Questo è estremamente difficile, perché significa trovarsi soli, soli nel senso di non dipendere da nessuno. Dipendere da qualcuno di per sé genera paura; e dove c’è paura non c’è amore. Quando amate non siete soli. Il senso di solitudine nasce in voi solo se star soli vi spaventa e se non sapete che cosa dovete fare. Quando siete dominati da idee, isolati dalle convinzioni, allora la paura è inevitabile; e quando siete spaventati diventate completamente ciechi.
Perciò insegnanti e genitori insieme devono risolvere questo pro­blema della paura. Purtroppo però il pensiero di quel che potreste fare se non vi sposate o se non trovate un impiego spaventa i vostri genitori. Essi temono che prendiate una cattiva strada o che la gente parli male di voi, e spinti da questo timore vogliono che facciate determi­nate cose. La loro paura si veste dei panni di quel che essi chiamano amore. Vogliono prendersi cura di voi e perciò vogliono farvi fare questo o quell’altro. Ma se voi aggirate il muro del loro presunto affetto e della loro sollecitudine, dietro troverete soltanto paura per la vostra sicurezza e rispettabilità; ed anche voi, che per tanto tempo siete dipesi da altri, avrete la stessa paura.
Ecco perché è molto importante che fin dalla più tenera età voi incominciate a porre in dubbio ed a demolire questi sentimenti fatti di paura, perché non vi isolino, perché non siate limitati da idee, tradi­zioni, costumi, ma invece diventiate esseri umani liberi e dotati di vitalità creativa.

  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Perché abbiamo paura anche sapendo che Dio ci pro­tegge?
  • Risposta di Krishnamurti:
Questo è quanto vi è stato detto. Padre, madre, fratello maggiore tutti vi hanno detto che Dio vi protegge; è un’idea alla quale vi aggrappate e tuttavia la paura continua. Dio vi protegge ma fatto sta che siete spaventati. La paura è reale mentre non lo è la vostra idea che sarete protetti da Dio perché così asseriscono genitori e tradizione.
Che cosa avviene in realtà? Siete davvero protetti? Guardate i milioni di persone che non vengono protette, che muoiono di fame. Guardate i contadini che trasportano sulle spalle pesanti carichi, denu­triti, sporchi, vestiti di stracci. Sono protetti da Dio, loro? Voi posse­dete più denaro degli altri, avete una posizione sociale di qualche rilievo perché vostro padre è funzionario o esattore o un commerciante che è riuscito abilmente ad imbrogliare qualcuno, e per questo dovreste essere protetti mentre nel mondo ci sono milioni di persone che non hanno nutrimento e vestiario sufficiente o un tetto per ripararsi? Voi sperate che i miseri e gli affamati verranno protetti dallo Stato, dai suoi impiegati, dalla società, da Dio, ma non sarà affatto così. In realtà non esiste protezione anche se vi piace sentire che Dio vi protegge. Non si tratta che di una piacevole idea atta a placare la vostra paura; e la conseguenza è che non mettete in dubbio nulla, vi limitate a credere in Dio. Cominciare con l’idea che sarete protetti da Dio è una cosa insensata. Ma se davvero vi addentrate a studiare a fondo questo pro­blema della paura allora scoprirete se Dio vi protegge oppure no.
Quando esiste il sentimento dell’affetto non c’è paura, non c’è sfruttamento e quindi non ci sono problemi.
  • Domanda a Krishnamurti: 

  • Che cos’è la società?
  • Risposta di Krishnamurti:
Che cos’è la società? E che cos’è la famiglia? Scopriamo, passo a passo, come si crea la società e come ne comincia l’esistenza,
Che cos’è la famiglia? Quando dite “Questa è la mia famiglia”, cosa intendete dire? Vostro padre, vostra madre, vostro fratello e vostra sorella, il senso di intimità, il fatto che vivete insieme nella stessa casa, la convinzione che i genitori protegeranno voi, proteggeranno il possesso di una qualche proprietà, gioielli, sari, o vestiti che siano: tutto ciò costituisce la base della famiglia. Vi sono altre famiglie come la vostra che vivono in altre case e che provano esattamente quel che provate voi e nutrono lo stesso sentimento: “mia moglie”, “mio marito”, “miei figli”, “la mia casa”, “i miei vestiti”, “la mia automobile”; vi sono molte altre famiglie consimili che abitano lo stesso pezzo di mondo e finiscono per convincersi che altre famiglie ancora non devono inva­derlo. Perciò incominciano a farsi delle leggi. Le famiglie potenti si costruiscono posizioni elevate, accumulano vaste proprietà, hanno più denaro, più abiti, più automobili; si riuniscono ed elaborano leggi poi dicono a tutti gli altri quel che debbono fare. In tal modo gradatamente viene a formarsi una società con le sue leggi, regolamenti, poliziotti, col suo esercito e la sua flotta. Infine tutto il mondo si popola di vari tipi di società. La gente allora comincia a nutrire idee di antagonismo e desidera spodestare coloro che occupano le posizioni più alte e deten­gono tutti i mezzi del potere, allora sfascia quel particolare tipo di società e ne costruisce un’altra.
La società è un rapporto fra persone: rapporto tra un individuo e l’altro, tra una famiglia e l’altra, tra un gruppo e l’altro, fra il singolo e il gruppo. Il rapporto umano, il rapporto fra voi e me è società. Se io sono molto avido, astutissimo, se dispongo di grande potere e auto­rità, io vi spingerò indietro e voi cercherete di fare lo stesso con me. Perciò facciamo delle leggi. Ma arrivano altri che distruggono le nostre leggi e introducono tutt’un altro apparato di leggi, e questo processo continua ininterrottamente. Nella società, che è il rapporto umano, esiste un continuo conflitto. Queste sono le semplici basi della società, ed esse diventano sempre più complesse man mano che più complessi diventano gli esseri umani e più complesse le loro idee, i loro bisogni, le loro istituzioni e le loro industrie.

  • Domanda a Krishnamurti:

  • Si può essere liberi vivendo in questa società?
  • Risposta di Krishnamurti:
Se io dipendo dalla società per il mio appagamento, per le mie comodità, potrò mai essere libero? Se dipendo da mio padre per averne affetto, denaro, stimolo all’azione, o se dipendo in qualche modo da un guru non sono libero. Potrò mai dunque essere libero fino a quando dipenderò psicologicamente da altri? Invero la libertà mi sarà possibile soltanto quando avrò capacità e iniziativa, quando potrò pensare in maniera indipendente, quando non mi spa­venterà quel che dice chicchessia, quando vorrò realmente scoprire la verità delle cose e non sarò avido, invidioso, geloso. Fin quando sono invidioso, avido, dipendo psicologicamente dalla società; e fin quando dipendo dalla società in questa maniera non sono libero. Ma se cesso di essere avido sono libero.
  • Domanda a Krishnamurti:
Perché le persone vogliono vivere nella società quando potrebbero vivere da sole?
  • Risposta di Krishnamurti:
Voi siete capace di vivere da soli?

  • Replica:
Io vivo nella società perché ci vivono mio padre e mia madre.
Risposta di Krishnamurti:
Per ottenere un impiego, per guadagnarsi la vita, ma dovete forse vivere nella società? Potete vivere da solo? Per cibo, per vestiario, per un tetto voi dipendete da qualcuno. Non potete vivere nell’isolamento. Nessuna entità è mai completamente sola. È soltanto nella morte che siete soli. Mentre vivete siete sempre in rapporto con qualcuno, con vostro padre, con vostro fratello, col mendicante, con lo stradino, col commerciante, coll’esattore. Avete sempre dei rapporti ed è perché non comprendete questi rapporti che c’è conflitto in voi. Ma se comprendete il rapporto fra voi stessi ed un’altra persona non ci sarà conflitto e allora non sorgerà il problema se sia necessario vivere da soli.


  • Domanda a Krishnamurti:
Poiché abbiamo molteplici rapporti con altre persone, non è forse vero che non possiamo mai essere assolutamente liberi?
  • Risposta di Krishnamurti:
Noi non comprendiamo la natura dei rapporti umani, di giusti rapporti umani. Mettiamo che io dipenda da voi per il mio appagamento, per il mio benessere, per sentirmi sicuro, come potrò mai essere libero? E anche se io non dipendo in questa maniera avrò con voi un altro genere di rapporto, non è vero? Dipenderò da voi per un qualche conforto emotivo, fisico o intellettuale e quindi non sono libero. Mi aggrapperò ai miei genitori perché voglio un certo tipo di protezione, e ciò vuol dire che con loro ho un rapporto di dipendenza che è fondato sulla paura. Come potrò allora avere un rapporto che sia libero? C’è libertà nei rapporti umani soltanto quando non c’è paura. Di conseguenza per avere il giusto rapporto con gli altri debbo accingermi a liberare me stesso dalla dipendenza psicologica che produce la paura.


  • Domanda a Krishnamurti:
Come possiamo essere liberi quando i nostri genitori nella loro vecchiaia dipendono da noi?
  • Risposta di Krishnamurti:
Essendo vecchi essi dipendono da voi per il loro sostentamento. Che accade dunque? Si aspettano che voi guadagniate abbastanza per nutrirli e vestirli e se voi desiderate fare il falegname o l’artista, anche se questo non vi permetterà di guadagnare nulla, diranno che non dovete farlo perché dovete mantenerli. Riflettete un poco su questo punto. Io non sto dicendo che sia giusto o sbagliato. Dicendo che una cosa è giusta o sbagliata noi mettiamo fine alla rifles­sione. I vostri genitori esigono che voi li manteniate e così vi impedi­scono di vivere la vostra vita, si considera egoistico da parte vostra voler vivere la vostra vita e così diventate schiavi dei vostri genitori.
Potreste dire che dovrebbe essere lo Stato a provvedere ai vecchi mediante pensioni ed altri mezzi di sicurezza sociale. Ma in un paese dove c’è sovrappopolazione, reddito nazionale insufficiente, carenza di produzione e via dicendo, lo Stato non può curarsi dei vecchi. Perciò i genitori, in tarda età, dipendono dai giovani ed i giovani seguono il solco tradizionale e sono rovinati. Ma questo problema non dovete discuterlo con me. Dovete tutti studiarlo e risolverlo da voi.
Naturalmente io desidero aiutare i miei genitori entro i limiti ragionevoli. Ma supponiamo che io voglia far qualcosa che renda molto poco. Supponiamo che io voglia diventare un religioso e dedicare tutta la mia vita alla scoperta di Dio e della verità. Questo tipo di esistenza non mi procurerà denaro affatto e se io la conduco dovrò forse rinunziare alla famiglia, il che significa che probabilmente i miei genitori moriranno di fame come milioni di altre persone. Che devo fare allora? Fin quando avrò paura di quel che dice la gente – cioè che io non sono ligio ai miei doveri di figlio, che sono un figlio indegno – non diventerò mai un essere umano dotato di creatività. Per essere felice, creativo, occorre che io abbia molta iniziativa.



  • Domanda a Krishnamurti:
Saremmo buoni se lasciassimo morir di fame i genitori?
  • Risposta di Krishnamurti:
Non ponete la cosa nella maniera giusta. Suppo­nete che io voglia davvero diventare artista, pittore ad esempio, e so che dipingendo guadagnerò pochissimo. Che devo fare allora? Sacrifi­care la mia profonda esigenza di dipingere, e fare l’impiegato in un ufficio? È questo che avviene normalmente, non è forse così? Divento impiegato e per tutto il resto della mia vita mi dibatto in un grave conflitto interiore, sono infelice; e siccome soffro e sono frustrato rendo la vita infelice a mia moglie e ai miei figli. Ma se come giovane artista vedo il peso e l’importanza di questi fatti, dirò ai miei genitori: “Io voglio dipingere e vi darò quanto posso di quel poco che ho; questo è tutto ciò che posso fare per voi”.
Voi avete posto delle domande ed io vi ho risposto. Ma se non riflettete veramente su questi problemi, se non li esaminate per conto vostro, se non vi addentrate sempre di più nell’esame di essi e non li considerate da diverse angolazioni, se non li studiate in molte maniere, allora direte soltanto: “Questo è bene e questo è male; questo è un dovere e questo non lo è; questo è giusto e questo è sbagliato”, ed in tal maniera non farete alcun progresso. Mentre invece se voi ed io riflettiamo insieme su questi problemi, e se voi ne discutete con inse­gnanti e genitori, se li penetrate a fondo, allora la vostra intelligenza si risveglierà e quando nella vita quotidiana vi sorgeranno davanti saprete come fronteggiarli. Ma non sarete capaci di fronteggiarli se vi limitate ad accettare quel che io sto ora dicendo. Le mie risposte alle vostre domande sono intese soltanto a risvegliare la vostra intelligenza, perché voi meditiate su questi problemi dentro di voi e possiate così affrontare la vita nel modo giusto